LA STORIA

Una leggenda collega l’edificazione della chiesa cristiana, presso le sorgenti del Livenza, all’apparizione della Santissima Trinità all’imperatore d’Oriente, Teodosio II. Egli comunicò al papa il prodigio e il pontefice lo consigliò di costruire un sacello. La costruzione della chiesa della Santissima sarebbe iniziata nel 1339, dopo che il papa Giovanni XXII istituì la solennità della Santissima Trinità. Nel 1588 la custodia della chiesa fu affidata ad alcuni frati Francescani Osservanti, che costruirono un piccolo convento dietro la chiesa, del quale oggi non esiste più traccia. I Francescani ampliarono e modificarono profondamente la chiesa secondo i canoni dell’Ordine, e l’11 settembre 1622 venne solennemente riconsacrata dal vescovo Matteo Sanudo il Giovane.Nella chiesa sono presenti reliquie di San Francesco, di San Pietro di Alcantara e di Santa Vincenza martire. Nel 1923, in virtù dei capolavori in essa conservati, la chiesa della Santissima viene dichiarata “Monumento Nazionale”. Fra il XVI e il XVII secolo fu ricostruito l’ampio portico sostenuto da grandi arcate. Sopra la porta d’ingresso compare lo stemma in pietra dell’Ordine francescano, questa insegna è presente ad affresco anche sopra gli altari. L’edificio è costituito da un’aula unica rettangolare di grandi dimensioni, con un vasto presbiterio rialzato e contiene opere di notevole valenza artistica. Su tutte spicca il complesso ligneo di Domenico Mioni, detto da Tolmezzo (1450-1510), costituito da un’edicola dal basamento poligonale, conclusa nella parte superiore da tre archetti pensili. Essa ospita al suo interno una pregevole scultura, raffigurante la Trinità: il Padre Eterno assiso in trono sorregge tra le braccia il Figlio Crocefisso sul quale aleggia lo Spirito Santo in forma di colomba, sostenuta da raggi metallici che escono dalla bocca del Padre. L’opera porta la data 1494 e il gruppo ligneo costituisce uno degli esempi più alti del percorso artistico del Tolmezzino. Nel XVII secolo la Trinità viene inserita nel monumentale altare maggiore, ligneo, intagliato, dorato e impreziosito da numerosi motivi, assegnato alla bottega dei Ghirlanduzzi. Vicino all’altare una lapide ricorda il conte Giovanni Battista di Polcenigo, valoroso condottiero. Essa è decorata da un fregio con elmi, corazze e cannoni ed è sormontata dallo stemma della casata. Sulla fronte dell’arco trionfale campeggiano le figure di Mosè, Davide e alcuni Angeli con simboli della passione, mentre nell’interno sono raffigurate la Sibilla Eritrea e la Sibilla Delfica. Le lunette del presbiterio ospitano Episodi della Vita di Gesù, dall’Annunciazione alla Discesa dello Spirito Santo, corredati dagli stemmi delle famiglie committenti. Una finta architettura con figure, festoni e lettere incornicia le porte laterali. A sinistra si innalzano due altari, uno intitolato a San Francesco e uno ai Santi Pietro, Paolo e Barbara. A destra un altare è dedicato a Sant’Antonio e uno alla Beata Vergine. L’unico altare in legno intagliato è quello dedicato a San Francesco. Gli altri tre altari sono invece in pietra. Nell’altare di San Francesco sono raffigurati anche San Rocco, San Sebastiano, San Bernardino da Siena e un santo francescano non meglio identificato. Presso l’altare di Santa Barbara è collocata una pala, di autore ignoto, che rappresenta la Madonna con Bambino in gloria e i Santi Barbara, Pietro e Paolo (fine  XVI e inizio del XVII secolo). L’altare di Sant’Antonio ospita la pala di pittore palmesco raffigurante la Madonna con Bambino in gloria e i Santi Antonio abate, Marco e Francesco con donatore. Presso l’altare della Beata Vergine è collocata una scultura settecentesca dell’Immacolata, detta anche Madonna del Latte poiché in passato vi si recavano a chiedere la grazia le puerpere che non riuscivano ad allattare. Nel retro dell’altar maggiore si trovano otto oli monocromi settecenteschi su tela e tavola: quattro Scene della Passione, due Angeli della Passione, due putti di coronamento. A questi vanno aggiunti tre dipinti policromi: Crocifissione, Stimmate di San Francesco, Sant’Antonio di Padova. Di notevole interesse artistico è il coro ligneo dietro l’altar maggiore, vero gioiello di intaglio di fattura seicentesca, nel quale spicca il motivo ripetuto delle aquile a due teste. Le pareti della sacrestia sono decorate con affreschi databili tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo ed hanno per soggetto Santi ed Episodi biblici. Interessante anche la serie di quadretti settecenteschi della Via Crucis. Da notare anche i ceppi ferrei donati come ex voto dai conti Marzio e Gio Batta di Polcenigo. Nella suggestiva cripta sotto l’altar maggiore si trova il Compianto con tre figure lignee, di probabile fattura seicentesca, le Tre Marie, ed una statua in gesso del Cristo morto (fine XIX inizio XX secolo), che ha sostituito una precedente scultura lignea. Nella parete di fronte alla cripta si intravedono resti di un affresco raffigurante il “Cristo passo”.

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